CATERINA E GIUDITTA: MADRI PER EDUCARE

Il sogno delle sorelle “Cittadini”

“Le due benemerite sorelle Caterina e Giuditta Cittadini, trasferite in Somasca, aprirono una scuola comunale per l’istruzione civile, morale e religiosa delle fanciulle. Il bene che ne derivava da una tale occupazione, sostenuta unicamente dal sentimento di carità, onde formar fanciulle utili alle famiglie ed alla società, fece ben presto fiorire la loro scuola” (Testi delle Origini).

Caterina, chiusa nel suo abito quasi regale, simbolo di fede, ascolta la sorella e con una mano tocca dolcemente sulla spalla la bambina per accoglierla sotto la sua protezione. Giuditta, avvolta in un abito che pare volare, fissa la sorella con sguardo penetrante; la sua dolcezza è nelle sue mani: una è sulla spalla di Caterina, quasi a proteggerla, l’altra indica alla giovinetta la nuova strada

Giuditta, avvolta in un abito che pare volare, fissa la sorella con sguardo penetrante; la sua dolcezza è nelle sue mani: una è sulla spalla di Caterina, quasi a proteggerla, l’altra indica alla giovinetta la nuova strada.

L’Istituto “Caterina Cittadini” di Ponte San Pietro -BG- è gestito dalle Suore Orsoline di Somasca, congregazione voluta da due sorelle maestre, Caterina e Giuditta Cittadini, per attuare l’azione apostolico-educativa dell’istruire e dell’educare:

“L’idea di questa casa è di cooperare al bene pubblico con l’istruzione e l’educazione. Fine di somma eccellenza, poiché dalla cristiana educazione dipende specialmente il bene spirituale e temporale non solo delle fanciulle, ma ancora delle famiglie, nelle quali sono chiamate a far parte” (Regole 1855).

Le due sorelle nascono a Bergamo: Caterina Cittadini il 28 settembre 1801 e Giuditta il 19 luglio 1803. Ancora bambine rimangono sole: il papà se ne era andato da tempo, forse in guerra: di lui non si saprà più niente e la mamma era morta per fatica e per dolore. Per questo, nel 1808 la loro estrema solitudine trova rifugio nel grande orfanotrofio del Conventino di Bergamo, istituzione laicale di assistenza e beneficienza. Vi passano la loro infanzia e parte della lo­ro giovinezza.

Nel 1822 lasciano il Conventino con il diploma di maestra elementare: Caterina ha quasi 22 anni e Giuditta 20. Caterina trova subito lavoro come maestra nella scuola comunale a Somasca. Giuditta se­gue le bambine che non trovano accoglienza nella scuola comunale.

Le due sorelle, che hanno provato la tristezza e l’abbando­no, sanno come sia importante ricevere “educazione”. Per questo “inventano” una “casa di educazione” secondo i de­sideri del loro cuore: istruire ed educare, con “cuore di madre”, le fanciulle. In questa loro casa di educazione mettono una scuola privata con educandato ed orfanotrofio, di cui è di­rettrice Giuditta; Caterina continua invece ad insegnare nel­la scuola elementare comunale.

Caterina e Giuditta sono molto ubbidienti alla famiglia di Dio Trinità; gui­date da Lui scoprono la loro vocazione: il progetto di vita per il loro “viaggio” sul pianeta Terra. Con gioia, impegno e sacrificio imparano a “giocare” bene la loro vita.

Intanto alle due sorelle si uniscono altre compagne e, insie­me, vivono il “progetto” di Dio senza rendersi pienamente conto dell’importanza dell’opera che avevano iniziato.

Don Giuseppe Brena, che le aveva conosciute sin da bam­bine al Conventino, con senso profetico, in seguito alla loro richiesta di entrare in una casa religiosa per diventare suore maestre ed educatrici, dice loro che lì, a Somasca, esse sa­rebbero state le pietre fondamentali di una nuova “famiglia” voluta da Dio. E fu così che esse, con tanta umiltà, fon­darono la famiglia delle Suore Orsoline di San Girolamo in Somasca.

Giuditta muore il 24 luglio 1840.

Caterina rimane sola dav­vero. Piange tanto, ma non come quelli che non hanno speranza. Lei e Giuditta hanno uno sposo speciale che si chiama Cristo Gesù e di Lui, lei, Caterina, continua a fidarsi.

Per vivere fedele a Lui e per educare tante bambine e gio­vani scrive, per lei e per le sue compagne, un libro, la “Re­gola di vita”: tra quelle pagine, Caterina ferma, per sempre , quanto con Giuditta aveva vissuto per circa vent’anni.

Il libro delle regole di Caterina e Giuditta sono attuali ancora oggi ed illuminano il cuore di ogni ragazza che decide di vivere come suora Orsolina di Somasca a ser­vizio dei bambini, dei giovani e delle famiglie. Caterina muore il 5 maggio 1857 mentre attende, nella speranza, che il vescovo della Chiesa di Bergamo approvi la sua “piccola famiglia religiosa”. Solo dopo la sua morte, il 14 di­cembre dello stesso anno, il vescovo di Bergamo, monsi­gnor Pietro Luigi Speranza, scriverà che la famiglia creata da Caterina e Giuditta è bella anche se è povera e che Dio è molto contento dell’amore che hanno avuto per le bambine, le giovani e le loro famiglie.

Le Orsoline di Somasca continuano, nella storia del tempo, il desiderio delle due sorelle, cioè il loro carisma: il dono che Dio avevo loro fatto. Lavorano, a loro esempio, anche gratuitamente­, per la cultura, cioè per l’educazione cristiana, l’istruzione e la promozione umana delle bambine e dei bambini, delle gio­vani e dei giovani.

Caterina, nella Casa di Somasca, continua a parlare di educazione. Da qui e dal cielo ci protegge tutti.

Giuditta è profumo di primavera e alito di vento… del suo corpo, infatti, non è stato conservato nulla.
Di lei ci rimane il suo essere vissuta tra le sue alunne con «cuore di madre, facendosi tutta a tutti e a ciascuna in particolare».